lunedì 11 dicembre 2006

Il pullman dei neroazzurri

Il 14° scudetto

CAMPIONI d'ITALIA
Campioni di ONESTA'

INTER CAMPIONE


La grande inter

La "Grande Inter", protagonista in Italia, in Europa e nel Mondo, è da sempre considerata l'Inter di Angelo Moratti, presidente dal 1955 al 1968, periodo dei maggiori successi per la squadra nerazzurra. Angelo Moratti subentra alla presidenza del glorioso club nerazzurro a Carlo Masseroni, sotto la cui guida l'Inter, allenata da Alfredo Foni, conquista lo scudetto nelle stagioni 1952-53 e 1953-54. Nei primi cinque anni della nuova gestione si alternano, senza molta fortuna, diversi tecnici che non riescono a dare alla squadra un'identità ben precisa ed i risultati sono abbastanza deludenti. La svolta avviene nel 1960, anno in cui viene ingaggiato alla guida tecnica della squadra Helenio Herrera, allenatore della nazionale spagnola ed ex trainer di un Barcellona che aveva duellato alla pari con il mitico Real Madrid. Il tecnico argentino diventerà uno dei più grandi personaggi del nostro calcio. Con lui sbarca in Italia Luisito Suarez, il suo regista "di fiducia". Istrionico, dalle idee innovative e spesso criticate, Herrera vuole costruire una squadra dalla fisionomia ben precisa, sia dentro che fuori dal campo, scontrandosi con la mentalità di molti giocatori non propensi ad adattarsi ad un gioco basato prevalentemente sull'aspetto atletico. Del suo modo di intendere il calcio ne farà i conti Antonio Valentin Angelillo, che Herrera non vorrà più al centro del suo attacco, nonostante il suo record di gol in una stagione (33 nel 1958-59) e la fama di goleador di cui godeva. La sua squadra ideale si basava su un ottimo portiere, Buffon poi Sarti, una coppia di forti centrali difensivi formata da Guarneri e Picchi, un roccioso terzino marcatore come Burgnich ed un difensore esterno pronto ad inserirsi sulla fascia sinistra ed in grado di portare scompiglio nell'area avversaria, ruolo innovativo per il calcio italiano e realizzato alla perfezione da capitan Facchetti. Davanti alla difesa operava un mediano rubapalloni (Zaglio, Tagnin, Bedin) in grado di mettere in movimento a destra il velocissimo Jair, a sinistra Corso, mancino dalla classe immensa, ed il regista Suarez, rapido a smistare palloni per uno straordinario attaccante come Mazzola, e per l'altra punta (Di Giacomo, Milani, Domenghini, Peirò). Il "catenaccio" viene rivalutato e trasformato dal "Mago" in un gioco vivace che conquisterà ben presto consensi sia in Italia sia al di fuori dei confini nazionali. L'avventura di Herrera comincia con l'Inter che giunge terza in campionato nel 1960-61, seconda l'anno dopo, e che diventa Campione d'Italia nella stagione 1962-63. L'anno successivo comincia per i nerazzurri l'avventura nella Coppa dei Campioni ed il cammino per Mazzola e compagni non si presenta facile. Nel primo turno i campioni d'Inghilterra dell'Everton vengono superati con un 1-0 complessivo mentre negli ottavi i francesi del Monaco vengono surclassati (1-0 e 3-1). Nei quarti di finale viene agevolmente superato l'ostacolo Partizan Belgrado (2-0 e 2-1) ed in semifinale l'Inter si trova opposta ai forti tedeschi del Borussia Dortmund contro i quali pareggia 2-2 in Germania per poi vincere a San Siro per 2-0. Il leader della squadra è Sandro Mazzola che nella competizione ha già realizzato cinque reti ed il 27 maggio 1964 si gioca a Vienna la finalissima contro il grande Real Madrid. La squadra spagnola è formata da grandi campioni, ormai non più giovani, come Arancio, Puskas e Di Stefano e giunge all'appuntamento alquanto logora. Helenio Herrera, che conosce bene gli avversari, ex rivali nel campionato spagnolo, imposta la partita sulla velocità ed un elevato ritmo, elementi che sin dall'inizio faranno la differenza. I nerazzurri trionfano per 3-1 con doppietta di Mazzola e rete di Milani e conquistano per la prima volta la Coppa dei Campioni. Il migliore in campo è il "vecchio" Tagnin e Mazzola si laurea capocannoniere torneo con sette reti. Passano pochi giorni ed il 7 giugno 1964 l'Inter si trova a giocare un'altra storica partita, quella dello spareggio per lo scudetto contro il Bologna allo Stadio Olimpico, dove, al termine di una partita preceduta da tantissime polemiche e tensioni, i nerazzurri vengono sconfitti per 2-0. A settembre si disputano la finali di Coppa Intercontinentale contro gli argentini dell'Independiente e si rende necessario disputare lo spareggio dopo la vittoria argentina per 1-0 a Buenos Aires e la risposta interista a Milano per 2-0. Il 26 settembre 1964 a Madrid l'Inter si laurea Campione del Mondo di club vincendo per 1-0 grazie ad un gol di Mario Corso nei tempi supplementari. Per la Coppa dei Campioni 1964-65 l'Inter entra in gioco direttamente agli ottavi, dove stracciano la Dinamo Bucarest con un 6-0 a Milano ed 1-0 in Romania. Nei quarti di finale è la volta degli scozzesi dei Rangers Glasgow ad essere eliminati dallo squadrone di Herrera (3-1 ed 1-0). L'avversario della semifinale è il Liverpool campione d'Inghilterra che all'andata vince con un 3-1 che lascia poche speranze per il ritorno. Due settimane dopo, a San Siro, Herrera compie un miracolo caricando al massimo la sua squadra, che risponde con un 3-0 che passerà alla storia. ll primo gol è di Corso con una punizione "a foglia morta" che inganna il portiere inglese, il raddoppio è ad opera di Peirò che ruba la palla al portiere durante una difettosa rimessa in gioco ed la rete della vittoria è firmata da capitan Facchetti con un gran tiro dalla distanza. L'Inter ha così accesso alla finalissima che quell'anno si giocherà proprio a Milano. Il 27 maggio 1965 è il Benfica di Eusebio e Torres l'avversario da superare ed è un gol di Jair, con un pallone reso viscido dalla pioggia che il portiere lusitano non riesce a trattenere, a decidere la partita. Seconda Coppa dei Campioni per l'Inter in una storica stagione nella quale si vince anche lo scudetto davanti al Milan. A settembre si replica la sfida contro l'Independiente per la Coppa Intercontinentale e, dopo il 3-0 di San Siro all'andata, i nerazzurri resistono a Buenos Aires nel ritorno (0-0) ed il 15 settembre 1965 diventano per la seconda volta consecutiva Campioni del Mondo. Nell'edizione 1965-66 della massima competizione europea l'Inter si presenta come squadra da battere ed arriva alla semifinale dove il Real Madrid si vendica della sconfitta di Vienna eliminando i nerazzurri. La squadra spagnola è completamente rinnovata e l'Inter sbaglia l'impostazione tattica nella partita d'andata, dove Helenio Herrera, mirando a contenere i danni, presenta una squadra molto difensiva che esce sconfitta per 1-0. Nel ritorno di Milano finisce 1-1 ed i nerazzurri sono eliminati. Fuori dal torneo europeo, i nerazzurri si riprendono lo scudetto perso nello spareggio di due anni prima e diventano Campioni d'Italia davanti al Bologna. Il risultato è storico per l'Inter, che conquista il decimo titolo della sua storia potendosi fregiare della stella sulla maglia nerazzurra. L'anno dopo (1966-67) i nerazzurri si ripresentano con l'intenzione di riprendersi il titolo europeo e sono un rullo compressore. Arrivano in finale eliminando nel'ordine Torpedo Mosca, Vasas Budapest, Real Madrid (vincendo entrambe le partite) e CSKA Sofia (in tre incontri con spareggio a Milano). L'avversario nella finalissima di Lisbona sono i campioni di Scozia del Celtic Glasgow, squadra tipicamente offensiva, ed i nerazzurri arrivano all'appuntamento affaticati da una stagione durissima. Nonostante tutto, l'Inter si porta in vantaggio con un gol di Mazzola ma, nella ripresa, gli scozzesi pareggiano ed, a sette minuti dal termine, mettono a segno la rete della vittoria. Herrera viene accusato di essere troppo legato al suo schema catenacciaro, mentre gli scozzesi mostrano il modello di un gioco che verrà visto come "annuncio" del calcio totale. Pochi giorni dopo, cadendo clamorosamente a Mantova, i nerazzurri perdono anche lo scudetto, le critiche non mancano e ad Herrera viene imputato principalmente di puntare sempre sugli stessi uomini, non dando fiducia ai rincalzi, portando in questo modo la squadra stanchissima agli appuntamenti decisivi della stagione. Il "Mago" siederà sulla panchina nerazzurra ancora per un campionato giungendo quinto e, nel 1968, anche Angelo Moratti lasciava l'Inter cedendo la poltrona di presidente del club a Ivanoe Fraizzoli. Si conclude così la storia di una squadra tra le più leggendarie del calcio mondiale, sia come uomini che come risultati, che ha portato nella bacheca della società coppe e trofei nazionali ed internazionali che, per il momento, non sono stati più conquistati.

Tutti gli allenatori

INTER - TUTTI GLI ALLENATORI

PRES.

V

N

P

Helenio Herrera (ARG)
Arpad Veisz (HUN)
Giovanni Trapattoni
Eugenio Bersellini
Alfredo Foni
Giovanni Invernizzi
Giuseppe Meazza
Aldo Olivieri
Roberto Mancini
Hector Cuper (ARG)
Carlo Carcano
Roy Hodgson (ENG)
Tony Cargnelli (AUT)
Gyula Feldmann (HUN)
Armando Castellazzi
Giuseppe Chiappella
Giulio Cappelli
Osvaldo Bagnoli
Luis Suarez (ESP)
Aldo Campatelli
Luigi Simoni
Paolo Schiedler
Bob Spotishwood (ENG)
Ilario Castagner
Ottavio Bianchi
Heriberto Herrera (PAR)
Marcelo Lippi
Istvan Toth (HUN)
Camillo Achilli
John Carver (ENG)
Marco Tardelli
Jozsef Viola (HUN)
Giovanni Ferrari
Giuseppe Peruchetti
Italo Zamberletti
Rino Marchesi
Luigi Radice
Ivo Fiorentini
Alberto Zaccheroni
John David Astley (ENG)
Giuseppe Bigogno
Annibale Frossi
Luigi Ferrero
Enea Masiero
Mario Corso
Nino Nutrizio
Corrado Orrico
Mircea Lucescu (ROM)
Giampiero Marini
Albino Carraro
Luciano Castellini

284
198
162
150
132
78
78
76
76
74
74
64
60
60
60
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57
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44
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30
30
30
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23
23
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17
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7
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159
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5
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Tutti i presidenti

1908-1909
1909-1910
1910-1912
1912-1913
1913-1914
1914-1919
1919-1920
1920-1922
1923-1926
1926-1929
1929-1930
1930-1932
1932-1942
1942-1955
1955-1968
1968-1984
1984-1995
1995-2004
2004-2006
2006

Giovanni Paramithiotti
Ettore Strauss
Carlo De Medici
Emilio Hirzel
Luigi Ansbacher
Giuseppe Visconti di Modrone
Giorgio Hulss
Francesco Mauro
Enrico Olivetti
Senatore Borletti
Ernesto Torrusio
Oreste Simonotti
Ferdinando Pozzani
Carlo Rinaldo Masseroni
Angelo Moratti
Ivanoe Fraizzoli
Ernesto Pellegrini
Massimo Moratti
Giacinto Facchetti
Massimo Moratti (dal 06.11.2006)

Peppino Prisco: l'alpino interista

Giuseppe Prisco era nato a Milano il 10 dicembre 1921. Il padre era originario di Torre Annunziata (Na), mentre la madre era milanese doc. Era sposato con la signora Maria Irene, da cui aveva avuto due figli: Luigi Maria e Anna Maria. Laureato in Giurisprudenza nel 1944 e iscritto all'Albo degli Avvocati dal 10 maggio 1946. E' stato uno dei più noti penalisti, principe del Foro di Milano, per anni è stato presidente dell'Ordine degli Avvocati milanese. Alpino, durante la Seconda Guerra Mondiale aveva combattuto sul Fronte Russo come ufficiale della divisione Julia. Partecipò alla campagna di Russia: su 53 ufficiali fu uno dei tre superstiti. Medaglia d'argento al valore militare, dalla fine della guerra non si era mai perso una sola adunata delle "penne nere". Peppino ci ha lasciati il 12 dicembre 2001, due giorni dopo il suo ottantesimo compleanno. Nell'oltre mezzo secolo di vita societaria, tra ricorsi vinti, la brillante e intelligente cultura e la frizzante ironia, è stato al fianco di cinque diversi presidenti: da Carlo Rinaldo Masseroni ("Guidava la società come un padre di famiglia, divenni segretario nonostante la sua diffidenza", ad Angelo Moratti ("Mi incaricò di fare il portavoce nei dopo-partita perché era stufo di pagare le multe di Herrera"), da Ivanoe Fraizzoli ("Un vero amico, in tribuna, avevamo i posti vicini, peccato non abbia avuto i trionfi che meritava") a Ernesto Pellegrini (" Mi onorava di considerarmi un fratello maggiore"). Fino a Massimo Moratti ("Lo considero l'erede legittimo alla presidenza"). Ricordiamo Peppino Prisco con alcune delle sue migliori battute.

La gioia più grande? Scontata. Il Milan in B. E per ben due volte: una... a pagamento e una... gratis. Sono dell'idea che una retrocessione cancelli almeno cinque scudetti conquistati e che la vittoria di una Mitropa Cup elimini i residui.

La vittoria più emozionante? Le tre coppe Uefa, la prima perdendo il ritorno a Roma per 1-0 e soffrendo terribilmente. Il giorno dopo mia figlia lesse sui giornali: "Aggredito Peppino Prisco". Arrivai a casa e quasi si stupi' che fossi vivo. In realta' mi avevano tirato un'asta di una bandiera, roba da nulla.

La speranza per il futuro? Vorrei che chi mi incontra per strada mi gridi in faccia: "Peppino campione d’Italia". Sogno lo scudetto. E, visto che ci sono, anche il Milan di nuovo in serie B. Cosi mi vendico anche di Teo Teocoli. Uno bravo che mi imita bene e con simpatica correttezza. Mi mette di buon umore. Giacca da camera a parte.

L'interista più simpatico? Giacinto Facchetti. Fece un gol al Napoli in mezzo alla nebbia e venne a cercarmi a bordo campo per abbracciarmi. Ci mise tre minuti per trovarmi.

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